DIMISSIONI PER GIUSTA CAUSA E SENZA PREAVVISO

Che poi a sentirsi insoddisfatti ci si fa l’abitudine? Non nel senso che ad un certo punto si convive pacificamente con questa insoddisfazione (o almeno non credo!), quanto piuttosto che ad un certo punto diventa una regola trovare dei motivi per sentirsi tali..

Esiste addirittura l’insoddisfazione cronica. Ci sono articoli di stimati professionisti che ne indagano le cause e che scavano nelle radici più profonde del problema riuscendo perfino a suddividere le persone in gruppi, sulla base del conseguente atteggiamento. Rimando a loro per più ampi approfondimenti e ragionamenti.

Io oggi mi interrogo solo su quello specifico meccanismo che si innesca cercando motivi per cui biasimarsi autocriticandosi.

“Un giorno avrei dovuto far meglio, il giorno dopo – o magari nello stesso giorno – avrei dovuto comportarmi diversamente, avrei dovuto mettere in pratica i buoni propositi, avrei dovuto farmi scivolare addosso una situazione …(oh… quanto potrebbe esser lungo l’elenco!)”.

Per chi ne soffre diventa un lavoro a tempo pieno per cui si timbra il cartellino ogni volta che si ha un po’ di tempo libero.

Come qualunque professione svolta senza passione, questo atteggiamento procura frustrazione, malessere, disagio e finanche sofferenza.

Ma come si fa a licenziarsi da se stessi? Potrebbe bastare inviarsi una bella lettera di dimissioni per giusta causa e senza preavviso?

[Nome e Cognome]
[Indirizzo]
[Data]

[Nome e Cognome del destinatario = A NOME E COGNOME DI CUI SOPRA]
[Indirizzo del destinatario = AD INDIRIZZO DI CUI SOPRA]

Gentile [Nome del destinatario],

Con la presente, vi comunico le mie dimissioni dalla posizione di [titolo del lavoro = PERSONA ADDETTA ALLA SFINENTE AUTOCRITICA PER QUALSIVOGLIA PRETESTO], con effetto immediato.

A causa di circostanze personali impreviste, non sono in grado di fornire un preavviso. Mi scuso per eventuali disagi causati e vi ringrazio per le opportunità che mi avete offerto.

Cordiali saluti,

[Il tuo nome]

Ecco fatto!

TI HO SCRITTO UN POST

Chissà se tu hai più pensato di scrivermi,
di sollevare la cornetta ed ascoltare le nostre voci parlarsi.

Forse qualche ricordo a meteora ti avrà attraversato il cuore riportando alla pelle un brivido, magari immediatamente scansato.

Hai anche tu delle domande senza risposta?
Io trovo che queste siano pur sempre meno fastidiose delle risposte per cui non si era posta domanda.

Poi ci sono le ricorrenze,
ma non solo quelle festive da calendario… con fantasia ne ho contate più di mille in un anno.

Uff che noia le foto ed i video,
almeno nella memoria siamo così impalpabili.

QUALCOSA È CAMBIATO?

Come vorrei poter scrivere a chi mi legge che la mia assenza è stata per via di un viaggio in un’esotica località… Ne descriverei minuziosamente i paesaggi, ma ancor più dettagliatamente potrei indugiare sulle esperienze vissute, così lungi dalla realtà di tutti i giorni da sembrare quasi improbabili! Avrei, inoltre, la possibilità di condividere le scoperte fatte e parlare delle interessanti persone conosciute. Del resto allontanarsi dal consueto apre la mente, consentendo di abbattere quelle inevitabili barriere che ciascuno di noi si costruisce e quei pregiudizi che, seppur involontariamente, elaboriamo al fine di ricondurre la realtà a qualcosa di noto e comprensibile. Le foto: potrei postarle e rendere questo articolo più variopinto ed accattivante!

Nulla di quanto sopra eppure qualcosa è cambiato… di qualche mese invecchiata, forse (!) di qualche etto appesantita. Le insicurezze sono le stesse anche se, dopo lunga ed estenuante trattativa, ho firmato con loro un temporaneo patto di non belligeranza il cui fine ultimo dovrebbe essere una benevola e paziente convivenza.

Un passo alla volta  perché, nonostante i buoni propositi e l’impegno, i vecchi schemi sono duri a sparire.

L’IRRIPETIBILE LEGGEREZZA DELL’ESSERE

I racconti delle vacanze esotiche di amici e parenti mi raggiungevano occupando i miei pensieri per pochi istanti, come avessi ricevuto una cartolina, l’avessi ammirata e riposta in un cassetto.

L’anno lavorativo era stato estenuante, l’ultimo mese addirittura alienante ed ero arrivata al 10 di agosto esausta. Non avrei potuto pensare a me stessa in nessun altro luogo che nel calore delle mura domestiche della casa di villeggiatura in montagna, in cui mi aspettava la compagnia rassicurante dei miei genitori. Il mio compagno era impegnato altrove ed io avevo sospeso qualunque introspezione perché mi sembrava richiedesse energie. Avevo concesso alla mia mente, involontariamente e non senza sorpresa, di non prendere nulla sul serio. Mi sentivo al sicuro e qualunque tipo di valutazione, dopo tanto tempo, sembrava inutile.

Invece di scrivere avevo preferito leggere, finalmente i miei pensieri sgombri lasciavano spazio alle vite dei personaggi dei due libri che avevo scelto non accuratamente come tutti i volumi che mi aspettavano a casa, in attesa di essere terminati o addirittura iniziati. La preferenza era stata accordata in maniera istintiva in una libreria poco fornita, ma adatta a non sollevare dilemmi.

Tra le pagine ero riuscita a scorgere delle descrizioni che mi riguardavano. Mi sorpresi, ad esempio, a rileggere più volte un dialogo tra i protagonisti dandomi come unica spiegazione il fatto di aver trovato qualcosa di me in quel passaggio: “Non ti fa soffrire questa tua ostinazione a… A non voler esternare neanche la metà di quello che pensi? Sei riuscita a stemperare il risentimento […] grazie alla tua naturale propensione a vivere gli affetti con serenità. Ci hai pensato tanto e hai trovato una tua dimensione, sei diventata una persona tranquilla, ma dentro di te sei molto più audace, più libera, capricciosa […]”. (Il lago, Banana Yoshimoto). Questo ed altri spunti tuttavia non vennero accolti come pretesti per nevrotiche autoanalisi, ma con il sorriso di chi, preso coscienza di qualcosa, probabilmente ne farà tesoro ma di certo non cambierà la sua vita.

Non potrei parlare di silenzio interiore, ma di un susseguirsi di pensieri a cui non dar peso se non quello di cogliere l’emozione che comportano, tenerla con sé per qualche istante e poi lasciarla andare incurante.

Capii di aver perso quello stato di grazia quando il penultimo giorno di vacanza, non trovandomene naturalmente immersa, cercai di riviverlo e con ogni sforzo di recuperarlo, ma inutilmente. Quello era un mondo spontaneo, libero, che non poteva essere riagganciato con la volontà o ricostruito razionalmente. Era stato un dono, datomi e poi tolto.

D’improvviso ripresi coscienza di tutto ciò che mi avrebbe aspettato al ritorno, appesantendomi.

SECONDA SEDUTA

Ripresi il discorso come se ci fossimo salutate il giorno prima…

Mentre io parlo lei annota tutto su quel grosso quaderno a quadretti. Qualcosa ora mi lega indissolubilmente a quell’oggetto, che di fatto è di dimensioni normali come se ne vedono tanti sui banchi degli scolaretti, ma in quel piccolo studio sembra più grande…almeno così è parso a me.
Pur provando a rammentare non riesco a focalizzare la sua grafia, ma pensandoci mi rincuora che non stenografi i miei pensieri ticchettando freddamente sulla tastiera di un computer.

Racconto, rispondo e a tratti ridiamo.

Le narrazioni si susseguono ed ora non ricordo su quale argomento ho sentito la mia voce farsi tremante. Si è trattato solo di un istante, poi si è riproposto il mio tono pacato. «Non sia mai che non sia impeccabile!» ironizza lei, che sembra già aver colto qualcosa di me.

PRIMA SEDUTA

Ero convinta che non avrei avuto niente da dirle, eppure ora non so da dove cominciare… Potrei iniziare con una domanda, oppure è lei a farle? Perfetto! Come crede che mi aiuterà a mettere in ordine questo caos? Vuole sfidare con me le leggi della fisica? Ah, sarebbe meglio che abbandonassi il mio sarcasmo… definitivamente o solo con lei? Quindi, lei mi dirà come devo comportarmi d’ora in poi? Oh scusi, avevo mal interpretato! Ecco dunque cosa potrei anticiparle per presentarmi: io mi scuso in continuazione. Quasi sempre lo faccio per banalità per cui penso che la gente non ci faccia caso, ma io non sono tollerante con me stessa ed ogni volta che mi sento anche minimamente inadeguata mi mortifico. Vuole un altro esempio oltre a quello appena fornitole? Ebbene, io in questa fase della mia vita non sto bene di salute e non riesco a fare una vita sociale tipica di una persona della mia età, continuo a rifiutare inviti ed invece di farmi forte della comprensione altrui mi scuso avvilita. Potrei parlarle di quella volta che…anzi ancor prima di quando… Come? È finita l’ora? Mi scusi! [ Ops…]

IL CONFORTO DEL LIBERO ARBITRIO

Gli fecero credere di poter scegliere e lui non mise neppure per un secondo in dubbio che potesse non essere così.
Su loro suggerimento intraprese quella che in realtà era l’unica strada possibile.
La sorte era segnata, ma lui combatté con dignità nella placida convinzione di aver fatto la scelta giusta.

SE CI SIAMO PIÙ SENTITI DOPO ESSERCI TROVATI IN FRONTI CONTRAPPOSTI? NO!

Ci sono istanti in cui la tua vita prende una piega diversa. Punti di svolta che creano una frattura tra quel che è stato e quel che sarà. La consapevolezza di quell’attimo conta poco, così come il fatto che sia stato tu a creare volutamente la rottura o la debba vivere tuo malgrado. Ciò che importa è che da quel momento dovrai fare i conti con nuovi schemi e parlerai al passato dei precedenti, cercando almeno di farne tesoro.